In Penisola Sorrentina è in fase avanzata una sperimentazione urbanistica inedita, e soprattutto inedita per una delle aree più vincolate (sulla carta) d’Europa. Combinando insieme e in maniera oculata alcune leggi, specifici regolamenti,
procedure più agili e qualche forzatura degli uffici urbanistici, si è riusciti a invertire l’ordine giuridico e fattuale di quel territorio: è improvvisamente possibile costruire praticamente di tutto. Alcuni fatti sono noti.Il primo. La legge regionale 19/2001 ha aperto la stura alla realizzazione incondizionata e indefinita di box interrati al posto di agrumeti, noceti, uliveti, vigneti storici e macchia mediterranea in generale. Si calcola che finora sono stati realizzati quasi ottomila posti auto, duemila dei quali stentano a trovare spazio su un mercato oramai saturo. Il giro d’affari, finora, si aggira sui quasi 500 milioni di euro.
Il secondo. Gli uffici tecnici e urbanistici dei Comuni supertutelati della Penisola hanno con il tempo acquisito un know-how specifico per quanto riguarda l’aggiramento delle norme paesaggistiche, sia attraverso la composizione di commissioni paesaggistiche servizievoli e poco qualificate, sia mediante gli strumenti della conferenza di servizi e dell’accordo di programma, spesso collegati al "tiraggio" di fondi comunitari, da spendere rapidamente e alla meno peggio. Terzo. La Sovrintendenza esercita in maniera a dir poco fallace il compito, cui è preposta, del controllo del vincolo e dell’analisi critica dell’aspetto paesaggistico dei progetti, concedendo la relativa obbligatoria autorizzazione praticamente sempre, come se fosse un atto dovuto.
Quarto. Nei casi più improbabili, dove oggettivamente l’equilibrio paesaggistico-ambientale viene messo seriamente in discussione, ci pensa la magistratura amministrativa a restituire legittimità a progetti improbabili.
Quinto, il piano casa. Pur di consentire che si applicasse anche in Penisola Sorrentina, la Regione guidata da Caldoro ha inserito nottetempo nella relativa legge un memorabile articolo (il 12 bis) che trasforma la Penisola Sorrentina in territorio edificabile senza aree di esclusione, come se si trattasse della periferia di una qualsiasi metropoli cinese. Proprio in queste settimane, tanto per fare un esempio, è in costruzione un gigantesco viadotto in cemento armato prefabbricato che attraversa il vallone del Rivo d’Arco, nei pressi della Marina di Seiano. Si tratta, è utile ripeterlo, di un luogo sul quale insistono tutti i tipi di tutele paesistiche e ambientali previste dall’ordinamento italiano ed europeo: il vincolo idrogeologico dell’Autorità di Bacino, l’assenza di tale previsione nel piano regolatore vigente, quasi tutti i vincoli ex lege 431/85 (legge Galasso), il vincolo di "zona di tutela ambientale di 2° grado" imposto dal Piano urbanistico territoriale (Put), i vincoli e gli indirizzi di tutela stabiliti dal Piano territoriale regionale e, in ogni caso, i criteri dettati dalla convenzione europea del paesaggio e dagli orientamenti di sviluppo sostenibile dei territori stabiliti dalla Commissione europea. Tutte queste regole sono state aggirate in blocco, di concerto tra Comune, Provincia, Regione e Sovrintendenza, per costruire una nuova strada che attraversa su giganteschi piloni gli uliveti di Seiano. Con la beffa finale, che tale strada era stata proposta e progettata a servizio del cantiere del costruendo nuovo depuratore di Punta Gradelle, con il dettaglio, forse non trascurabile, che tale cantiere è oramai quasi concluso. Un non-sense che si giustifica solo con l’esistenza di fini e intenzioni seconde, di cui sarebbe il caso di dare in qualche modo conto. Questo è solo un esempio della mutazione e della rovina di interi scenari di paesaggio, sgretolati dalle esigenze di una speculazione che si è ritrovata improvvisamente con le mani libere, senza vincoli e regole urbanistiche e con una classe politica a lei affine, per la quale l’interesse pubblico coincide pericolosamente con la sola dimensione del fare, a qualsiasi prezzo. Com’è stato possibile tutto ciò? È credibile a questo punto arrestare tale processo, o anche per la Penisola è già scritto un destino da litorale domizio? Quello che oramai appare chiaro è che ciò sta capitando da un punto di vista edilizio-urbanistico in questi ultimi anni in questi luoghi è un’emergenza che si è oramai avviata a diventare cronica e irreversibile, e dovrebbe interessare l’intera nazione e le istituzioni più avvedute. Una soluzione tampone potrebbe ragionevolmente arrivare soltanto da provvedimenti urgenti e ad hoc della Regione Campania. Cosa pensano di queste cose l’assessore all’Urbanistica e il presidente Caldoro? E, infine, di fronte a fatti come questi, a cosa serve la sovrintendenza, caro Gizzi.(Repubblica)
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