Domenico, come i giovani, che riesce a raccogliere numerosi, si è ricoverato per un "brutto male" di cui ha parlato pubblicamente davanti a tutti nella sua parrocchia di Moiano a Vico Equense. Originario di Piano di Sorrento in penisola sorrentina don Domenico Cassandro ha aggregato a se tanti giovani del villaggio dei Monti Lattari coinvolgendoli in tante attività positive per il territorio. Oggi dovevano andare a Orvieto per visitare delle suore di clausura, ma il ricovero ha spinto i giovani a non andare e a stare in preghiera. Da parte nostra partono gli auguri di pronta e buona guarigione
Publichiamo la lettera scritta da MONSIGNOR ARTURO AIELLO VESCOVO DI TEANO CASERTA
Carissimo Domenico,-----------
Abbiamo la stessa età tu come prete ed io come vescovo: siamo figli della stessa impollinatura nella primavera del 2006 quando il vento portava profumo di crisma a te sulle mani e a me sul capo. Quando ti imposi le mani da fratello, non sapevo che dopo pochi giorni avrei dovuto impararlo a fare da padre. Ero già tuo padre dai giorni della tua infanzia serena, della tua adolescenza irrequieta, della tua ricerca di felicità che incrocia, come il giovani ricco, lo sguardo del Maestro. Ti avevo accompagnato nell’avventura del Seminario, nelle prime esperienze pastorali da seminarista, nei giorni degli esercizi spirituali che precedettero la tua ordinazione presbiterale. Ricordo le tue lacrime quando fu pubblicata la mai nomina a Vescovo di Teano-Calvi: “Non puoi andartene proprio ora che sono appena diventato prete ed ho ancora bisogno di essere guidato!”. Da lontano ho seguito le primizie presbiterali, ho moderato il tuo entusiasmo che aveva bisogno di argini, ho ascoltato i tuoi racconti di grazie, raccolto l’eco gioiosa delle tue prodezze pastorali… ero già tuo padre, ma mi sono accorto di esserlo diventato lo scorso venerdì 29 ottobre quando ti ho raggiunto in canonica per portarti la buona notizia (Vangelo?) con i risultati della risonanza magnetica cui ti eri sottoposto a Napoli che, anziché imboccare la strada della penisola sorrentina avevano fatto una deviazione verso nord. Avevo subito pensato che una cattiva notizia sul mio stato di salute avrei voluto conoscerla dalla voce amica di mio padre e non di un qualsiasi specialista un camice bianco abituato a parlare di carcinoma, di chemio, di radio e di altre terapie con voce metallica. Era una meravigliosa giornata d’autunno con l’azzurro di cielo e di mare che bussava ai vetri della tua canonica rinnovata, ma a un certo punto il tempo si è fermato, inceppato su una parola che ho sillabato a fatica, che tu hai provato a ripetere come una formula nuova e amare che ci abita da tempo, come un tarlo, e sta facendo il suo lavoro in silenzio.Mentre ti scrivo stasera tu sei già reduce dalla prima seduta di radio e chemioterapia. Stamattina ti hanno messo in vena veleni che ora sono in circolo e demoliscono i tessuti malati e quelli sani del tuo corpo di trentenne. È un bombardamento dove muoiono militari e civili, una tempesta che trascina e schiaffeggia monti, un corpo a corpo tra vita e morte dove è implicato il tuo fisico e la tua mente. La tua psiche e il tuo spirito, l’uomo, il credente e il prete che sono in te. “Tutto ciò che è grande è nella tempesta” dice Platone citato da Heidegger il giorno in cui si insediò come professore a Friburgo. Intanto, tra radioterapie con punti segnati sulla schiena per operare un bombardamento mirato e chemio, tra conati di vomito e dolore alle ossa, tra voglia di continuare il ritmo serrato delle attività pastorali e senso di spossatezza, tra brividi di freddo e vampate di entusiasmo, le vetrine del negozi già annunciano il Natale che tra qualche giorno sarà vagheggiato anche dai sogni del profeta Isaia. Come sarà il Natale che viene?
Quello che verrà, Domenico, non sarà un natale qualsiasi… sarà NATALE! Vi approderai barcollante, calvo, spezzato nella forza dei tuoi giovani anni, ma vincente, uno sbandierare la vittoria al centro della sconfitta, un gridare forza e potenza nel bel mezzo della debolezza. Il Figlio di Dio per venirci a salvare non ha scelto la via della gloria, ma dell’ignominia, da Dio si è fatto uomo per percorrere le nostre strade disperate e feroci, non ci convince con la spettacolarità di chi si lancia dal pinnacolo del tempo e viene sorretto dagli angeli, ma ci salva con la paura dell’agonizzante che piange davanti al calice amaro. Il tuo calice non avrà i ceselli luccicanti dei vasi sacri che utilizziamo per le celebrazioni, ma lo scorrere lento e inesorabile dei flaconi che ti saranno iniettati in vena come fuoco. Sarà un Natale povero, ma vero che ti farà compagno di viaggio di Colui che ha voluto sposare la nostra causa di lebbrosi fino a contrarre la lebbra come noi per farci compagnia e darci la possibilità di gridare in qualsiasi valle oscura “Anche Lui è passato di qui!”. Coraggio, Domenico, ti accompagno in questo percorso e ti auguro, anche ora che sei nella tempesta, buon viaggio! E buon Natale! Ti benedico. Tu benedicimi.
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